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lunedì 7 aprile 2025

Ilaria Salis a Pulp Podcast

 Ilaria Salis, membro del parlamento europeo, è stata invitata alla puntata del 24 marzo di Pulp Podcast, il podcast condotto da Fedez e Marra. È ormai risaputo il suo pensiero riguardo all’occupazione delle case che alla base può anche avere un concetto giusto. Durante il corso della puntata infatti dice:

“Esistono persone senza casa, e case lasciate colpevolmente vuote non dalla signora anziana che viene ricoverata in ospedale. Sono case del patrimonio pubblico lasciate vuote, all'abbandono, al degrado, che sono costruite affinché ci abitino persone che non possono permettersi un affitto [...]. Tutto questo per creare la bolla di speculazione edilizia e fare alzare i prezzi degli affitti”

A questa asserzione le si chiede però una soluzione, visto il ruolo istituzionale da lei ricoperto ed essendo una che si occupa di questo tema, ma la sua risposta fa a pugni con la realtà concreta dei fatti. Innanzitutto espone la soluzione con una padronanza del linguaggio che farebbe fare una risata persino a uno come Cassano. La sua personale risoluzione è questa: “o si interviene andando a calmierare i prezzi degli affitti, fissando una soglia che deve essere proporzionale al reddito delle persone o… la si occupa giustamente”. Tutto ciò è pauroso nel momento in cui colei che esprime questo tipo di idea è rappresentante del parlamento europeo e per far fronte a questo tipo di problema trova soluzioni che non bastano: ciò che gira attorno al mondo immobiliare è talmente complicato che pensare che basti un tetto al prezzo degli affitti è incredibile. Probabilmente la Salis non sa che ci sono persone che anche con una soglia stabilita potrebbero continuare a non potersi permettere un affitto. È una proposta subdola che andrebbe a mantenere lo status sociale basso di queste persone, senza preoccuparsi di andarlo a migliorare restituendogli dignità tramite un lavoro. 

In secondo luogo, secondo quale ragionamento dovresti ritenere corretto che una “povera vittima” occupi una casa lasciata colpevolmente vuota (con il presupposto che quindi quest’ultima sappia questo e si faccia una copia delle chiavi del portone illegalmente) se sai di avere una soluzione alternativa a queste occupazioni? Nel momento in cui hai la soluzione all’occupazione delle case non dovresti più ritenere corretto questo gesto.

Altro argomento venuto fuori durante la puntata è l'abolizione delle carceri, per la quale la Salis è assolutamente ben predisposta. Alla domanda “come si fa ad immaginare una società senza carcere?” propone nuovamente soluzioni aleatorie e utopistiche come l’inserimento dei carcerati in delle comunità, un braccialetto elettronico o addirittura la depenalizzazione di alcuni reati. Ma visto che queste soluzioni arrivano a causa delle condizioni fatiscenti delle carceri italiane non potrebbe bastare una riforma del carcere stesso?

Tutte queste affermazioni fanno assalire dei dubbi persino a Fedez che ad un certo punto della puntata dice “sono delle asserzioni importanti, ma mi aspetterei che chi rappresenta un'istituzione porti a corredo di queste tesi una soluzione più strutturata” 

Ma il punto più alto della puntata arriva negli ultimi minuti quando le viene fatta una proposta  “Verresti qui con Vannacci per un confronto in diretta?”. La sua risposta è “no, perché si andrebbe a creare una situazione da fanclub e diventerebbe il mercato del pesce”. 

Tutta questa puntata fa sempre più comprendere quanto l'avanzamento delle destre di questi ultimi tempi arrivi anche per demerito di una sinistra incapace di dialogare.


giovedì 13 marzo 2025

Negozio dei cinesi: chiamarli cosi è discriminatorio?

Nelle ultime settimane sui vari social è apparso un contenuto che proponeva un’inedita iniziativa: cominciare a chiamare i “negozi dei cinesi” non più in questa maniera, ma trovare un’espressione alternativa come “emporio” o semplicemente “negozio”. La motivazione di questa proposta è insorta dal momento in cui si è pensato che chiamarlo “negozio dei cinesi” non fosse esatto vista “l’accezione discriminatoria di fondo” con la quale vengono definiti questi negozi. L’utilizzo di questa terminologia, infatti, andrebbe a far insorgere, ad esempio, un altro tipo di etichetta ovvero quella “della roba cinese”, intesa come roba scadente.



La polemica ha però poco appiglio dal momento in cui la comunità cinese stessa non ha mai fatto di ciò un problema. Attuare soluzioni ad una discriminazione dovrebbe essere un’alterativa solo nel momento in cui una specifica comunità/cerchia di persone ne esprime un disagio, in caso contrario che senso avrebbe? 

L'utilizzo di questa maniera per definire i negozi della comunità cinese in Italia, può anche essere un motivo di orgoglio dato che (come dice anche il post stesso) sono stati loro i primi ad aprire questo genere di attività dagli anni ‘70 in poi. Quindi perchè pensare che ci debba sempre essere qualche terminologia da modificare senza notare che magari quella comunità trova giovamento dall’utilizzo di questo modo per definirli? Perché spesso si va assillantemente alla ricerca di qualcosa da cambiare utilizzando come motivazione “la società che si deve evolvere” a priori?

Tra l’altro la polemica la si sta attuando per una comunità che è la prima ad essere silenziosa in tutti i sensi: un immigrazione, la loro, caratterizzata da un rispetto per il paese in cui entrano, mai rumorosa o fomentata ma soprattutto mai politicizzata (come accade per molte altre comunità). Tutto ciò è derivante, sicuramente, anche dalla loro cultura (molto diversa da quella occidentale) che non prevede mai invadenza.


giovedì 20 febbraio 2025

Sinner: colpevole o innocente?

Nell’ultimo anno il tennista numero uno al mondo Jannik Sinner è stato coinvolto in una faccenda alquanto ambigua.

Nel marzo 2024, dopo aver effettuato un test antidoping, è risultato positivo al Clostebol. Quest'ultimo è uno steroide anabolizzante, proibito per questo agli sportivi dal World Anti-Doping Code, ma può essere anche utilizzato come cicatrizzante delle lesioni cutanee. È stato infatti ammesso da Sinner stesso di non aver assunto volontariamente questo medicinale ma di averne avuto a che fare a causa di una negligenza: il suo fisioterapista aveva infatti utilizzato uno spray generico contenente il Clostebol per curarsi una ferita e poi ha successivamente massaggiato Sinner trasferendogli quindi per assorbimento cutaneo la sostanza, tutto ciò a sua insaputa. 

Nonostante la sua versione dei fatti sia stata accettata, l’accaduto lo porterà comunque a delle conseguenze (decretate dalla WADA, World Anti-Doping Agency, che ha il potere di decretare quando utilizzare o meno una determinata sostanza): a partire dal 9 febbraio 2025, per tre mesi, Sinner non potrà prendere parte a tornei, allenarsi nei circoli che aderiscono alla Federazione Italiana Tennis e non gli sarà concesso di conseguenza di esercitarsi con tennisti tesserati.

Queste ripercussioni arrivano malgrado la sua verità dei fatti sia stata accolta poiché Sinner viene ritenuto colpevole della noncuranza del suo staff, a cui non ha prestato quindi la giusta attenzione. 

Ma è una condanna sensata se consideriamo che nell'arco di questi tre mesi Sinner potrà allenarsi, ad esempio, con ex tennisti professionisti non più tesserati e, soprattutto, non aveva nessun torneo in programma? Non sarebbe stata più appropriata una multa piuttosto che una “punizione stile genitore con il proprio figlio”? È giusto che il tennista sia responsabile del proprio team quando lo staff dovrebbe essere il primo esaminatore del giocatore in carico e quindi attenzionare tutto ciò che potrebbe metterlo nei guai?

Tutto ciò fa incredibilmente passare Sinner come vittima di chi non vuole vederlo arrivare in alto ed è emblematico di un sistema tutto all'italiana che lo è andato a toccare nel punto più importante per lui e per tutti gli italiani che lo seguono: lo sport. 

Un augurio a Sinner sperando sia al massimo delle sue forze per gli Internazionali a Roma!


mercoledì 12 febbraio 2025

Un Sanremo tranquillo…ma una polemica c’è!

Sanremo è cominciato ed è tempo di musica, ma non solo. Nonostante dalla prima serata abbiamo potuto notare un festival più lineare e tranquillo rispetto a quelli precedenti c’è chi non perde occasione di sfruttare la kermesse sanremese per aprire delle diatribe come, ad esempio, il giornalista Giuseppe Candela di Dagospia che da lunedì non vede l’ora di porre domande acchiappa critica durante le conferenze stampa sanremesi. L’altro giorno ha chiesto ai presenti (Carlo Conti, Antonella Clerici e Gerry Scotti) se si dichiarassero antifascisti. Dopo un’alzatina di spalle (quasi a far denotare “la stranezza” della domanda) Carlo Conti non esita a rispondere con grande professionalità asserendo che non c’è nessun problema nel dichiararsi antifascisti. 

La domanda (per quanto dovrebbe avere di per sé una risposta univoca per tutti) è “anacronistica” (riprendo il termine utilizzato da Carlo Conti) ma non perché abbia bisogno di un contesto: il problema del quesito posto è il pretesto con il quale viene proposto. Si crede di fare questo genere di domande pensando di scatenare la polemicuccia e sperando a tutti i costi in una risposta scomoda che non arriverà mai visto lo scenario in cui la domanda è stata posta: aspettarsi che Carlo Conti risponda no oppure si trovi in difficoltà a rispondere è come cercare il pelo nell’uovo, non accadrà mai!

Ovviamente il teatrino di questo giornalista è continuato anche stamattina e chissà se continuerà nei prossimi giorni.

È quindi il caso di riprendere ciò che disse Ultimo nel 2019 sempre in conferenza stampa “voi giornalisti avete questa settimana per sentirvi importanti”.


Ma Sanremo è Sanremo, parliamo di musica e godiamocela!

sabato 8 febbraio 2025

La storia del ragazzo scampato al disastro aereo di Washington: una fake news

Avete presente il disastro aereo accaduto a Washington il 29 gennaio?

Ripercorriamolo: il volo American Eagle 5342 e l’elicottero Black Hawk dell’esercito statunitense si scontrano, per cause ancora tutte da chiarire, nei pressi dell'aeroporto  nazionale Ronald Reagan di Washington. Lo schianto non ha lasciato scampo alle 64 persone che viaggiavano a bordo dell'aereo (tra cui un’intera squadra di pattinaggio) e i 3 membri dell’equipaggio dell’elicottero.

All’interno di questa tragedia è però circolata ben presto un fake news: a bordo di quell’aereo, secondo i giornali, sarebbe dovuto salire anche il pattinatore Jon Maravilla che non salì su quel volo solo grazie al suo cane, ritenuto di taglia troppo grande per viaggiare in cabina.

Storia commovente, peccato che sarà lo stesso ragazzo a smentire tramite una storia Instagram di essere scampato al volo grazie al suo cane. Dice “Ciao ragazzi voglio solo chiarire che queste storie non sono vere. Stavo volando per Detroit e non avrei dovuto essere sul volo per DC. Il mio cuore è con le vittime e non riesco a credere che tutto questo sia vero. Sono ancora sotto shock, troppi amici se ne sono andati troppo presto. Riposate in pace”. 



Con il passare delle ore, possiamo notare che nessun telegiornale e nessuna testata riporta la smentita con la stessa risonanza con la quale era stata messa in circolo la fake news. La notizia, per molti, rimane dunque quella del ragazzo salvato grazie al suo cane. Sarà forse che per i giornali è più importante pubblicare notizie sensazionalistiche che creino nel lettore (e nell’ascoltatore) un alone di empatia piuttosto che smentire una fake news che metterebbe in luce una mancanza di fact-checking?