Nelle ultime settimane sui vari social è apparso un contenuto che proponeva un’inedita iniziativa: cominciare a chiamare i “negozi dei cinesi” non più in questa maniera, ma trovare un’espressione alternativa come “emporio” o semplicemente “negozio”. La motivazione di questa proposta è insorta dal momento in cui si è pensato che chiamarlo “negozio dei cinesi” non fosse esatto vista “l’accezione discriminatoria di fondo” con la quale vengono definiti questi negozi. L’utilizzo di questa terminologia, infatti, andrebbe a far insorgere, ad esempio, un altro tipo di etichetta ovvero quella “della roba cinese”, intesa come roba scadente.
La polemica ha però poco appiglio dal momento in cui la comunità cinese stessa non ha mai fatto di ciò un problema. Attuare soluzioni ad una discriminazione dovrebbe essere un’alterativa solo nel momento in cui una specifica comunità/cerchia di persone ne esprime un disagio, in caso contrario che senso avrebbe?
L'utilizzo di questa maniera per definire i negozi della comunità cinese in Italia, può anche essere un motivo di orgoglio dato che (come dice anche il post stesso) sono stati loro i primi ad aprire questo genere di attività dagli anni ‘70 in poi. Quindi perchè pensare che ci debba sempre essere qualche terminologia da modificare senza notare che magari quella comunità trova giovamento dall’utilizzo di questo modo per definirli? Perché spesso si va assillantemente alla ricerca di qualcosa da cambiare utilizzando come motivazione “la società che si deve evolvere” a priori?
Tra l’altro la polemica la si sta attuando per una comunità che è la prima ad essere silenziosa in tutti i sensi: un immigrazione, la loro, caratterizzata da un rispetto per il paese in cui entrano, mai rumorosa o fomentata ma soprattutto mai politicizzata (come accade per molte altre comunità). Tutto ciò è derivante, sicuramente, anche dalla loro cultura (molto diversa da quella occidentale) che non prevede mai invadenza.